Ciò che si tocca ma non si prende si chiama sottile (1994).

Dittico, due stampe dimensioni 30 x 40 cm.
Edizione successiva 2000 copie, stampa offset su carta patinata.


Due stampe di piccolo formato delle immagini fotografiche che documentavano un viaggio in Nepal erano state dimenticate dall’autore in un libro prestato ad una amica. Lo ritraevano mentre giocava con un gruppo di bambini nepalesi. Data l’impossibilità di dialogo, era un gioco immaginario attivato solo attraverso il linguaggio non verbale. La figlia di questa amica, di circa sette anni, aveva trovato le immagini e se ne era appropriata. Quando si erano accorti, l’autore e la madre, avevano riflettuto sul perché la bambina non le avesse restituite. Attraverso l’osservazione attenta e scrupolosa, dovuta a quella circostanza, le immagini avevano rivelato il loro profondo contenuto narrativo. Non sempre l’arte contemporanea si preoccupa degli effetti che le immagini proposte e veicolate possono avere sugli individui, in modo particolare sui bambini. A seguito di questa riflessione l’autore decise di utilizzare le foto per la realizzazione dell’opera. La successiva tiratura in 2000 copie ne permetterà un’ampia diffusione.

Esposta nella mostra personale “Ciò che si tocca ma non si prende si chiama sottile” presso Care Of, Milano, 1994. Esposto anche nella mostra collettiva “Aperto ’95 – Out of Order” a cura di Roberto Daolio. Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna, 1995.

(foto Mario Gorni)