Venticinque per trentacinque miglia (1989).

Ceramica, metallo, ossidi in polvere.
Dimensioni 110 x 20 cm diametro.


Il lavoro era stato realizzato prendendo a modello un mortaio in bronzo, presente da sempre nell’abitazione della famiglia dell’autore. Il mortaio era stato portato alla Fornace Curti, storico laboratorio di ceramica di Milano , chiedendo di realizzarne una riproduzione alterata.
La base del mortaio doveva essere tagliata in modo da creare un foro circolare sul fondo. La nuova forma ottenuta aveva così perso a sua connotazione funzionale. In un secondo tempo l’oggetto realizzato a Milano è stato portato in un laboratorio ad Albissola, località particolarmente conosciuta per la lavorazione della ceramica. Dalla prima forma era stata realizzata una seconda versione, anche in questo caso apportando un leggera modifica. L’eliminazione della modanatura alla base dell’oggetto ne aveva determinato una maggiore essenzialità. Le due forme così ottenute erano state installate sospendendole nel vuoto. L’elemento centrale realizzato in metallo collegava le due forme in due punti corrispondenti, mentre il piccolo disco al suo centro rappresentava il piano di riflessione. Il lavoro si poneva come sintesi e rappresentazione del processo evolutivo che, sia in natura che nelle forme originate dall’uomo, determina il mutare continuo di ciò che ci circonda. L’opera, che inizialmente non aveva un titolo, nel tempo, ha assunto quello della mostra in cui era stata esposta.

Esposta alla mostra collettiva Venticinque per trentacinque miglia, Spazio di Via Lazzaro Palazzi, Milano, 1989. Mario Airò, Matteo Donati, Stefano Dugnani, Giuseppina Mele, Andrea Rabbiosi, Bernhard Rüdiger, Antonello Ruggeri, Adriano Trovato, Francesco Voltolina.

(foto Arcangelo Argento)